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30 novembre 2014

Esistono molte solitudini intersecate

Esistono molte solitudini intersecate - dice - sopra e sotto
ed altre in mezzo;
diverse o simili, ineluttabili, imposte
o come scelte, come libere - intersecate sempre.
Ma nel profondo, in centro, esiste l’unica solitudine - dice;
una città sorda, quasi sferica, senza alcuna
insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,
con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta
da bagliori di segnali sconosciuti.
In questa città
da anni dimorano i poeti.
Camminano senza far rumore, con le mani conserte,
ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,
questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati
dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,
inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.

Ghiannis Ritsos
                                                                                                                  By Nadia Primavera
Esistono molte solitudini intersecate - dice - sopra e sotto
ed altre in mezzo;
diverse o simili, ineluttabili, imposte
o come scelte, come libere - intersecate... sempre.
Ma nel profondo, in centro, esiste l’unica solitudine - dice;
una città sorda, quasi sferica, senza alcuna
insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,
con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta
da bagliori di segnali sconosciuti.
In questa città
da anni dimorano i poeti.
Camminano senza far rumore, con le mani conserte,
ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,
questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati
dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,
inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.


Ghiannis Ritsos

 

24 novembre 2014

Cerco il mio sorriso




Cerco il mio sorriso.
L’ho fatto cadere qui, da qualche parte
in mezzo ai fatti

 e alle parole…

Blaga Dimitrova


22 novembre 2014

Tutto è in disordine.





Tutto è in disordine.
I capelli.
Il letto.
Le parole.
La vita....
Il cuore.

Jack Kerouac
 


 

20 novembre 2014

Quello che veramente ami rimane




Quello che veramente ami rimane, il resto è scorie.
Quello che veramente ami non ti sarà strappato.
Quello che veramente ami è la tua vera eredità.

Ezra Pound

"Cubani, festeggiamo la vittoria"

"Cubani, festeggiamo la vittoria"
Merito di Fran­ce­sco? Merito di Obama? Merito di Raul? Cer­ta­mente anche di Oli­ver Stone, che ha mostrato col suo film-intervista su Fidel un volto del regime diverso da quello dipinto dall’encomiabile blo­guera Yoani San­chez che diceva di amare il suo paese ma ora è furiosa per­ché dopo più di mezzo secolo si è libe­rato della peg­giore male­di­zione che l’ha col­pito: l’embargo.
Ulte­rior­mente ina­sprito nei ’90 pro­prio da un depu­tato di ori­gine ita­liana, il fami­ge­rato pre­si­dente della com­mis­sione esteri del Con­gresso Usa, Tor­ri­celli (della tar­ghetta col suo nome – ora posso con­fes­sarlo — mi impa­dro­nii una volta, men­tre ero in visita uffi­ciale con una dele­ga­zione euro­pea a Washing­ton, e ne feci dono, come fosse uno scalpo, a Fidel!).
Merito, direi — se si è arri­vati a que­sto esito — soprat­tutto del popolo cubano, della sua paziente tenuta, anche se «non è stato, né è tut­tora, facil» (come lì si dice), attra­verso dif­fi­coltà enormi, soprat­tutto quando crollò l’Urss da cui, per via dell’embargo, dipen­deva in tutto e per tutto.
Dico merito per­ché que­sto popolo cubano ha patito, ha bor­bot­tato con­tro il suo regime, parec­chi hanno cer­cato for­tuna scap­pando in Flo­rida, ma alla fin fine non si è mai pre­stato a chi avrebbe voluto insor­gesse per affos­sare quanto era nato dalla sua rivo­lu­zione.
Per­ché è bene ricor­dare che nel frat­tempo sono crol­lati tutti i regimi est-europei dell’orbita sovie­tica, che ave­vano poli­zie e ser­vizi segreti ben più potenti di quelli dell’Avana e ave­vano anche alle spalle, quando il Muro è caduto, un’Unione sovie­tica ancora in con­di­zione di fre­nare la con­te­sta­zione, men­tre a Cuba non è accaduto.
Per­ché chiun­que sia stato in quell’isola sa bene che in car­cere c’è pro­por­zio­nal­mente assai meno gente che negli Stati Uniti; che se i tanti, con­sueti, affol­la­tis­simi raduni dell’Avana per un con­certo o per l’arrivo del papa o per i tanti festeg­gia­menti che in un paese così festa­iolo come Cuba sono all’ordine del giorno non si sono tra­sfor­mati in espli­cita pro­te­sta non è per­ché la poli­zia l’ha impe­dito, bensì per via dell’orgoglio per la pro­pria indi­pen­denza dal grande vicino del Nord e per la rivo­lu­zione che ne è stata l’artefice, e anche per il per­du­rante rispetto – e affetto – per Fidel.
Ci sono stati, certo, malu­mori, disaf­fe­zione, enormi disagi, ma il paese in buona sostanza ha tenuto. Nono­stante tutti i suoi difetti, che avremmo certo voluto fos­sero cor­retti e non lo sono stati per errori, rigi­dità, e tutte le male­dette assurde osses­sioni dei socia­li­smi sto­ri­ca­mente rea­liz­zati.
Molti, biso­gna ben dirlo, moti­vati da uno sche­ma­tico ma com­pren­si­bile fana­tico per­se­gui­mento dell’eguaglianza a tutti i costi del castri­smo.
E per­ciò un monte di divieti per impe­dire che ogni pic­cola libe­ra­liz­za­zione creasse squi­li­bri nel red­dito, che chi opera nel turi­smo gua­da­gnasse con le mance più del grande chirurgo.
Pesante è stata soprat­tutto la con­di­zione degli intel­let­tuali, e però negli ultimi tempi assai meno gra­vosa: dalla grande scuola di cinema cubana, a lungo pre­sie­duta da Gar­cia Mar­quez, sono usciti film straor­di­nari; il migliore scrit­tore del paese, Leo­nardo Padura Fuen­tes, pub­blica volumi non certo orto­dossi e scrive per­sino sul nostro mani­fe­sto.
Al festi­val di Vene­zia quest’anno è stato pro­iet­tato un film di Can­tet che rac­conta di un gruppo di amici, intel­let­tuali appunto, che si ritro­vano su una ter­razza all’Avana in occa­sione della visita di un loro amico che molti anni prima aveva scelto di non tor­nare in patria.
Una pel­li­cola molto cruda e ine­so­ra­bile verso le per­se­cu­zioni e i divieti impo­sti alla crea­zione arti­stica. E però quando arri­vano i titoli di coda si sco­pre che il film è stato girato con il soste­gno della Icae, l’organismo sta­tale cubano.
«Somos todos ame­ri­ca­nos»
ha detto Obama annun­ciando la fine dell’embargo.
Una frase a dop­pio senso: una ripro­po­si­zione degli Stati Uniti come parte inte­grante di un con­ti­nente uni­ta­rio e omo­ge­neo, che vuol nascon­dere i drammi, anti­chi e recenti, pro­dotti dalla «dot­trina Mon­roe» (fra cui i ten­ta­tivi di intro­durre, anche in que­sto momento, in un’area così eco­no­mi­ca­mente squi­li­brata ogni sorta di trat­tato di libero scam­bio ) ma anche una verità: se Cuba ha tenuto in que­sto mezzo secolo è anche pro­prio per via degli altri ame­ri­cani, quelli del Sud, che l’hanno sem­pre amata, così che nem­meno i loro governi più di destra hanno mai osato uni­for­marsi alla poli­tica di Washing­ton verso l’isola.
Troppo popo­lare, infatti, in Ame­rica latina, la rivo­lu­zione cubana.
È ben diversa la per­ce­zione di Cuba da quella parte del mondo rispetto a quella che se ne ha nel nostro occi­dente.
Da lì Cuba appare il para­diso: pochi beni di con­sumo, è vero, ma un ottimo sistema sani­ta­rio nazio­nale, un’elevatissima, uni­ver­sale e gra­tuita sco­la­riz­za­zione, le città popo­late all’ora di uscita dalle scuole di una mol­ti­tu­dine di bam­bini e ado­le­scenti in divisa verde, simili a quelli che escono dai pri­va­tis­simi isti­tuti lon­di­nesi.
Povertà, sì, ma non mise­ria, non fame.
Non è poco in quel con­ti­nente delle mise­ra­bili fave­las.Pro­prio dalla nuova forza rag­giunta da molti paesi del cono Sud è del resto venuta la spinta che ha pro­ba­bil­mente indotto Washing­ton a cam­biare linea. Anche con­cre­ta­mente: a pochi chi­lo­me­tri dall’Avana si sta costruendo, con il mas­sic­cio aiuto del Bra­sile, un immenso porto com­mer­ciale.
Ser­virà per acco­gliere le gigan­te­sche navi-container che non pos­sono attrac­care alle sponde meri­dio­nali degli Stati Uniti per­ché que­ste man­cano di fon­dali suf­fi­cien­te­mente pro­fondi. Fino ad oggi dove­vano fare il giro per Panama fino al Paci­fico, ora da Cuba potranno par­tire imbar­ca­zioni più pic­cole per smi­stare il com­mer­cio tran­sa­tlan­tico.
Vigente l’embargo, l’America non potrebbe appro­fit­tare del rile­van­tis­simo taglio dei costi che il nuovo porto consentirà.
Non sarà tutto facile ora che l’embargo può finire: la sua­siva inva­sione del mer­cato e il fascino dei beni di con­sumo di cui finora i cubani sono stati privi, i pri­vi­legi che potranno esser facil­mente otte­nuti da chi si farà nell’isola stru­mento di un’aggressione meno vio­lenta ma più peri­co­losa di quella della Baia dei porci, cree­ranno non pochi guai.
Non ci resta che spe­rare nell’intelligenza della lea­der­ship cubana.
Per ora però brin­diamo alla vit­to­ria, per­ché di vit­to­ria in una lunga guerra di resi­stenza, si tratta. Imma­gino che a Cuba oggi si fac­cia festa, i cubani sono bra­vis­simi a far festa: ricordo la tri­ste Mosca quando per la prima volta a una con­fe­renza gio­va­nile arrivò la prima dele­ga­zione della rivo­lu­zione e tutti ci dicemmo: final­mente un socia­li­smo alle­gro! Cuba ci ha affa­sci­nato anche per que­sto. Quanto a Obama, lo pre­fe­riamo quando è ana­tra zoppa. "Cubani, festeggiamo la vittoria" Merito di Fran­ce­sco? Merito di Obama? Merito di Raul? Cer­ta­mente anche di Oli­ver Stone, che ha mostrato col suo film-intervista su Fidel un volto del regime diverso da quello dipinto dall’encomiabile blo­guera Yoani San­chez che diceva di amare il suo paese ma ora è furiosa per­ché dopo più di mezzo secolo si è libe­rato della peg­giore male­di­zione che l’ha col­pito: l’embargo.
Ulte­rior­mente ina­sprito nei ’90 pro­prio da un depu­tato di ori­gine ita­liana, il fami­ge­rato pre­si­dente della com­mis­sione esteri del Con­gresso Usa, Tor­ri­celli (della tar­ghetta col suo nome – ora posso con­fes­sarlo — mi impa­dro­nii una volta, men­tre ero in visita uffi­ciale con una dele­ga­zione euro­pea a Washing­ton, e ne feci dono, come fosse uno scalpo, a Fidel!).
Merito, direi — se si è arri­vati a que­sto esito — soprat­tutto del popolo cubano, della sua paziente tenuta, anche se «non è stato, né è tut­tora, facil» (come lì si dice), attra­verso dif­fi­coltà enormi, soprat­tutto quando crollò l’Urss da cui, per via dell’embargo, dipen­deva in tutto e per tutto.
Dico merito per­ché que­sto popolo cubano ha patito, ha bor­bot­tato con­tro il suo regime, parec­chi hanno cer­cato for­tuna scap­pando in Flo­rida, ma alla fin fine non si è mai pre­stato a chi avrebbe voluto insor­gesse per affos­sare quanto era nato dalla sua rivo­lu­zione.
Per­ché è bene ricor­dare che nel frat­tempo sono crol­lati tutti i regimi est-europei dell’orbita sovie­tica, che ave­vano poli­zie e ser­vizi segreti ben più potenti di quelli dell’Avana e ave­vano anche alle spalle, quando il Muro è caduto, un’Unione sovie­tica ancora in con­di­zione di fre­nare la con­te­sta­zione, men­tre a Cuba non è accaduto.
Per­ché chiun­que sia stato in quell’isola sa bene che in car­cere c’è pro­por­zio­nal­mente assai meno gente che negli Stati Uniti; che se i tanti, con­sueti, affol­la­tis­simi raduni dell’Avana per un con­certo o per l’arrivo del papa o per i tanti festeg­gia­menti che in un paese così festa­iolo come Cuba sono all’ordine del giorno non si sono tra­sfor­mati in espli­cita pro­te­sta non è per­ché la poli­zia l’ha impe­dito, bensì per via dell’orgoglio per la pro­pria indi­pen­denza dal grande vicino del Nord e per la rivo­lu­zione che ne è stata l’artefice, e anche per il per­du­rante rispetto – e affetto – per Fidel. Ci sono stati, certo, malu­mori, disaf­fe­zione, enormi disagi, ma il paese in buona sostanza ha tenuto.
Nono­stante tutti i suoi difetti, che avremmo certo voluto fos­sero cor­retti e non lo sono stati per errori, rigi­dità, e tutte le male­dette assurde osses­sioni dei socia­li­smi sto­ri­ca­mente rea­liz­zati.
Molti, biso­gna ben dirlo, moti­vati da uno sche­ma­tico ma com­pren­si­bile fana­tico per­se­gui­mento dell’eguaglianza a tutti i costi del castri­smo.
E per­ciò un monte di divieti per impe­dire che ogni pic­cola libe­ra­liz­za­zione creasse squi­li­bri nel red­dito, che chi opera nel turi­smo gua­da­gnasse con le mance più del grande chirurgo. Pesante è stata soprat­tutto la con­di­zione degli intel­let­tuali, e però negli ultimi tempi assai meno gra­vosa: dalla grande scuola di cinema cubana, a lungo pre­sie­duta da Gar­cia Mar­quez, sono usciti film straor­di­nari; il migliore scrit­tore del paese, Leo­nardo Padura Fuen­tes, pub­blica volumi non certo orto­dossi e scrive per­sino sul nostro mani­fe­sto. Al festi­val di Vene­zia quest’anno è stato pro­iet­tato un film di Can­tet che rac­conta di un gruppo di amici, intel­let­tuali appunto, che si ritro­vano su una ter­razza all’Avana in occa­sione della visita di un loro amico che molti anni prima aveva scelto di non tor­nare in patria. Una pel­li­cola molto cruda e ine­so­ra­bile verso le per­se­cu­zioni e i divieti impo­sti alla crea­zione arti­stica. E però quando arri­vano i titoli di coda si sco­pre che il film è stato girato con il soste­gno della Icae, l’organismo sta­tale cubano. «Somos todos ame­ri­ca­nos»ha detto Obama annun­ciando la fine dell’embargo. Una frase a dop­pio senso: una ripro­po­si­zione degli Stati Uniti come parte inte­grante di un con­ti­nente uni­ta­rio e omo­ge­neo, che vuol nascon­dere i drammi, anti­chi e recenti, pro­dotti dalla «dot­trina Mon­roe» (fra cui i ten­ta­tivi di intro­durre, anche in que­sto momento, in un’area così eco­no­mi­ca­mente squi­li­brata ogni sorta di trat­tato di libero scam­bio ) ma anche una verità: se Cuba ha tenuto in que­sto mezzo secolo è anche pro­prio per via degli altri ame­ri­cani, quelli del Sud, che l’hanno sem­pre amata, così che nem­meno i loro governi più di destra hanno mai osato uni­for­marsi alla poli­tica di Washing­ton verso l’isola. Troppo popo­lare, infatti, in Ame­rica latina, la rivo­lu­zione cubana. È ben diversa la per­ce­zione di Cuba da quella parte del mondo rispetto a quella che se ne ha nel nostro occi­dente. Da lì Cuba appare il para­diso: pochi beni di con­sumo, è vero, ma un ottimo sistema sani­ta­rio nazio­nale, un’elevatissima, uni­ver­sale e gra­tuita sco­la­riz­za­zione, le città popo­late all’ora di uscita dalle scuole di una mol­ti­tu­dine di bam­bini e ado­le­scenti in divisa verde, simili a quelli che escono dai pri­va­tis­simi isti­tuti lon­di­nesi.
Povertà, sì, ma non mise­ria, non fame. Non è poco in quel con­ti­nente delle mise­ra­bili fave­las.Pro­prio dalla nuova forza rag­giunta da molti paesi del cono Sud è del resto venuta la spinta che ha pro­ba­bil­mente indotto Washing­ton a cam­biare linea. Anche con­cre­ta­mente: a pochi chi­lo­me­tri dall’Avana si sta costruendo, con il mas­sic­cio aiuto del Bra­sile, un immenso porto com­mer­ciale.
Ser­virà per acco­gliere le gigan­te­sche navi-container che non pos­sono attrac­care alle sponde meri­dio­nali degli Stati Uniti per­ché que­ste man­cano di fon­dali suf­fi­cien­te­mente pro­fondi. Fino ad oggi dove­vano fare il giro per Panama fino al Paci­fico, ora da Cuba potranno par­tire imbar­ca­zioni più pic­cole per smi­stare il com­mer­cio tran­sa­tlan­tico.
Vigente l’embargo, l’America non potrebbe appro­fit­tare del rile­van­tis­simo taglio dei costi che il nuovo porto consentirà.
Non sarà tutto facile ora che l’embargo può finire: la sua­siva inva­sione del mer­cato e il fascino dei beni di con­sumo di cui finora i cubani sono stati privi, i pri­vi­legi che potranno esser facil­mente otte­nuti da chi si farà nell’isola stru­mento di un’aggressione meno vio­lenta ma più peri­co­losa di quella della Baia dei porci, cree­ranno non pochi guai.
Non ci resta che spe­rare nell’intelligenza della lea­der­ship cubana. Per ora però brin­diamo alla vit­to­ria, per­ché di vit­to­ria in una lunga guerra di resi­stenza, si tratta.
Imma­gino che a Cuba oggi si fac­cia festa, i cubani sono bra­vis­simi a far festa: ricordo la tri­ste Mosca quando per la prima volta a una con­fe­renza gio­va­nile arrivò la prima dele­ga­zione della rivo­lu­zione e tutti ci dicemmo: final­mente un socia­li­smo alle­gro! Cuba ci ha affa­sci­nato anche per que­sto.
Quanto a Obama, lo pre­fe­riamo quando è ana­tra zoppa.

Luciana Castellina


"Cubani, festeggiamo la vittoria"

18 novembre 2014

Chi possiede coraggio




Chi possiede coraggio e carattere, è sempre molto inquietante per chi gli sta vicino.

Hermann Hesse

13 novembre 2014

"Di questo viaggio"






                                                      https://www.youtube.com/user/asorbi1

REL Argonauti (Official Video) "Di questo viaggio"
Instrumental
REL Argonauti - Videoclip by REL Argonauti performing
"Di questo viaggio"

Lyrics+Music by REL Argonauti
"Sound Recording & Mixing by "REL"



Argonauti

Noi navighiamo cercando la remota Colchide
Laddove il sogno ci chiama del Vello d’ Oro
Ma non per l’ oro, per il sogno, noi navighiamo.

Stelle appaiono e scompaiono nella notte incerta
Lampi confondono e annunciano gravose tempeste
Venti ostili sfibrano le vele esauste.

Ma noi raccogliamo gocce d’ eteree perle
Pazienti le inanelliamo lungo il filo della rotta
Verso dove il sogno ci chiama del Vello d’ Oro.

Pescatori di vaga bellezza, sfuggente ai più
In ceste segrete riponiamo florilegi fragili
Sottratti al leviatano mare dei giorni prosaici.

Cosicché se all’ Approdo agognato mai giungeremo
Come tra sabbie amorfe quarzi lucenti
Di questo viaggio comunque resteranno memorie.

Lascito di poeti sognanti, d’ artisti poveri
Giocolieri di vie periferiche, pittori d’ angoli
Di quiete piazzette ombrose, custodi del tempo.


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11 novembre 2014

''You were a Sun''


                                                   https://www.youtube.com/user/asorbi1

 
"You were a Sun " - I Colori del Cielo -
Lyrics by Mary Grace Ovedi


Music " Heaven Earth"
by Kitaro
 
 
YOU WERE A SUN
BRIGHT AND WARM
MY EYES TOPAZES
TRANSPARENT AND INTENSE
CATALYSING YOUR ENERGY:
A PENETRATING HEAT
IMMENSE.
HYPNOTIZED,
I DILATED AND DILATED MY EYES
SUPERHUMANLY
TO HAVE MORE OF IT
TO GET MORE OF YOU
AND I FELT GRATIFIED
I FELT COMPLETE
IMMORTAL.
I WAS THE EARTH
BROWN AND GREEN
AND YOUR WARMTH
THE SOURCE OF MY BEATS
AND MY BREATHS.

BUT IT WAS NIGHT
IT WAS JUST A DREAM



 
 
 
 


Io sono un nome che canta

 
 
 
Io sono un nome che canta
e si innamora dall’altro lato della luna,
sono il prolungamento del tuo sorriso e del tuo corpo.
Io sono qualcosa che cresce,
qualcosa che ride e piange....
Io, quella che ti ama...

Gioconda Belli
 

8 novembre 2014

Non lasciate che ...





photo:Katia Chausheva


Non lasciate che la giornata termini senza essere cresciuti un po',
senza aver sorriso molto,
senza aver alimentato i propri sogni.
Non fatevi vincere dallo scoraggiamento.
Non permettete a nessuno di togliervi il diritto di esprimervi, che è quasi un dovere.
Non desistete dal desiderio di rendere la vostra vita straordinaria.


Walt Withman

 




7 novembre 2014

Oggi non era giorno di parole



Oggi non era giorno di parole,
con mire di poesie o di discorsi,
né c’era strada che fosse nostra.
A definirci bastava solo un atto,
e visto che a parole non mi salvo,...
parla per me, silenzio, ch’io non posso.


Josè Saramago


 

6 novembre 2014

Vieni

 
 
 
Vieni
inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell'angolo più nero.
Osservami....
Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti.
Io ti seguirò.
Ovunque.

Saffo

3 novembre 2014

Sono solitaria come l’erba.






«Sono solitaria come l’erba.
Che cos’è che mi manca?
Lo troverò mai, questo qualcosa che non so?».



Sylvia Plath

1 novembre 2014

"Sotto la coltre"





Sotto la coltre di una notte greve e pungente,

lunga e insidiosa

quanto l’inquietudine

che lastrica i sentieri

battuti dai palpiti scomposti del mio cuore,

occultata nelle spire del fallace oblio,

diramo.

E al viscoso tronco d’umido muschio asperso

m’avvinghio

e ai rami m’aggrappo

di quel germoglio che dall’anima palpitante

verso l’infinito protende.

Raspando

risalgo rami tortuosi

pregni di gemme frammiste a dolori:

eoni di giorni e di notti frammisti a sogni,

delusioni e rimpianti.

Gemiti e dolore ancora mi strappano

e scavano lancinanti ferite.

Indifferente, le ignoro

perché più non soffre un cuore esangue impietrito.

Ambigua e rapace

sopra di me la notte

m’alletta.

Stremata,

alla sua soporifera vacuità

ancora resisto.

Strisciante

verso la cima protendo.

Lì dove i rami sottili

ancor più s’assottigliano

fino a sfiorare con le gemme nascenti

il bagliore accogliente

della luna primeva.

E lì solo, come gemma nascente,

sfumo appagata

 
nel mio rifiorire.
 
 
"Sotto la coltre "
Mary Grace Ovedi