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9 marzo 2015

Antonia











 Anja Buhrer



Se le parole sapessero di neve
stasera, che canti -
e le stelle
che non potrò mai dire...

Volti immoti s'intrecciano fra i rami
nel mio turchino nero:
osano ancora,
morti ai lumi di case lontane,
l'indistrutto sorriso dei miei anni.

Antonia Pozzi
 
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Ho paura, e non so di che...




Ho paura, e non
so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido.
Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta.
Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto.
Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia.
Forse è perché quella rimasta in me è particolarmente lieta, forse perché, se pure alcunché di doloroso o di violento è passato nella mia vita tranquilla, io ho vissuto questa vita intensamente, godendo quasi della mia stessa sofferenza, esultante per la gioia di poter vivere dentro di me, di sentirmi dentro, chiusa come in uno scrigno, un’anima, un’anima palpitante, ridente, nostalgica, appassionata; è forse per questa piena di sentimenti, per cui in una giornata soffro e godo ciò che apparentemente si può soffrire in tutta un’esistenza che rimpiango il passato; perché sono contenta di essere io, con i miei difetti e con le mie poche virtù, perché non so se in avvenire potrò essere ancora così. 

Antonia Pozzi 
 da i Diari


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Io penso che il tuo modo di sorridere...



                                                                            Anja Buhrer


Io penso che il tuo modo di sorridere
è più dolce del sole su questo vaso di fiori
già un poco appassiti -
penso che forse è buono che cadano da me tutti gli alberi -
ch’io sia un piazzale bianco deserto alla tua voce -
che forse disegna viali per il nuovo giardino.

Antonia Pozzi

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Perché è così: prima si sbaglia, ci si perde,
ci si arrampica per astratte impalcature intellettuali, finché la vita un bel giorno comincia,
coi suoi gesti leggeri e sapienti, a richiamarci a lei:
è come aprire gli occhi ad un tratto e ritrovarsi su una striscia di prato al sole, vicino alle pietre e alle piante.
Il senso della vita non è più sparso, nel cervello, nelle mani, negli occhi,
ma è tutto raccolto nel centro del petto,
come un enorme fiore o come una corazza:
e il domani non è più che portare sempre più in avanti quel fiore, sereni, eretti, per una grande strada bianca.

Antonia Pozzi
15 settembre 1937,
pochi mesi prima del suicidio, scrive all'amica Elvira Gandini


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Ninfee
Anch’io non ho radici
che leghino la mia
vita – alla terra –
anch’io cresco dal fondo
di un lago- colmo
di pianto.



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